Uso e consumo:
In commercio troveremo sia fave fresche che fave secche.
La fava fresca, si presenta sempre avvolta nel suo baccello, che deve essere croccante alla rottura e senza macchie, di un bel colore verde vivo e lucido. Per essere consumata, la fava fresca va tolta dal baccello e poi si deve procedere nell'eliminazione dell'escrescenza posta lateralmente alla fava (sul cosiddetto occhio).
La fava secca, al momento dell’acquisto, si può trovare sia dotata di buccia che già priva della buccia che ricopre ogni singolo seme; le fave con la buccia hanno bisogno di un ammollo di 16-18 ore, mentre se si parla di fave secche senza buccia (di colore bianco-giallastro), l'ammollo durerà solo 8 ore.
Il suo colore sarà, in quest’ultimo caso, bianco o di un giallo molto chiaro.
Le fave fresche sono molto delicate, si conservano in
frigorifero al massimo 2-3 giorni; in alternativa, possiamo sbollentarle
(all'incirca per 4-5 min), farle raffreddare, riporle in sacchetti ben chiusi e
congelarle.
Le fave secche invece, si conservano per molto tempo in contenitori
ben chiusi e posti in un luogo asciutto.
La fava si può consumare sia cotta che cruda.Cruda, si
accompagna generalmente con del formaggio pecorino, pancetta o salame; cotta è
usata invece per la preparazione di zuppe e minestre.
In Spagna un piatto tipico cucinato con le fave è la fabada,
(salsiccia in umido), in cui le fave sostituiscono i fagioli, nella
preparazione.
Le fave sono ricche di proteine, fibre, vitamine (A, B, C,
K, E, PP) e Sali minerali, importanti per la loro azione di drenaggio e forniscono
al nostro organismo una buona quantità di potassio, magnesio, ferro, selenio,
rame e zinco
I dietologi ci ricordano inoltre che tra i legumi, le fave
risultano essere meno caloriche (37 calorie per 100 grammi ).
Ma attenzione, questi numeri riguardano le fave fresche,
perché con quelle secche l’apporto calorico sale vertiginosamente.
Esiste una grave forma di intolleranza alle fave, una vera e
propria malattia, genetica, ereditaria e che si chiama favismo: essa è dovuta
alla mancanza di un particolare enzima nei globuli rossi (si manifesta con una
grave forma di anemia provocata dall'ingestione delle fave).
La fava è il frutto di una pianta erbacea (Vicia faba) che
appartiene alla famiglia delle Leguminose, e si pensa sia di origini asiatiche;
predilige le temperature fresche e cresce in regioni temperate, come quelle
mediterranee.
La fava cresce in baccelli di circa 15-25 cm che si presentano con
l’estremità appuntita: all’interno del baccello, rivestito da uno strato
spugnoso, si trovano i semi grossi e piatti, avvolti da un tegumento (pelle),
che a seconda della numerose varietà, può essere di colore verde, rossastro o
violaceo.
La fava si dice sia originaria dell’Africa settentrionale e
in Cina, già 5.000 anni fa, veniva usata come alimento; successivamente la sua
coltivazione si diffuse anche tra gli Egizi, i Greci e i Romani.
In America le fave vennero introdotte dopo la scoperta di
Cristoforo Colombo e tutt’ora si coltivano ampiamente nelle regioni
dell’America latina. Si pensa che le fave, non avendo la necessità di essere
cotte per essere consumate, siano state tra i primi legumi che l’uomo abbia
mangiato, addirittura prima del 3000
a .C.
Si sono trovate delle fave nei resti di villaggi neolitici
in Svizzera, come in tombe egiziane risalenti al 2400 a .C.
Il celebre Pitagora proibiva ai propri discepoli di mangiare
le fave, in quanto vedeva nelle macchie nere presenti nei loro fiori, il
simbolo infernale della presenza delle anime dei morti (il nero è colore
abbastanza raro nei vegetali);
Arisotele, invece, ne decantava le virtù.
tanto che venivano mangiate anche crude assieme al baccello quando erano particolarmente
tenere; una delle famiglie (gentes) più importanti della storia di Roma, cioè i
Fabi, si dice che prese il proprio nome dalla fava.
Ma nell’epoca imperiale la fava subì un crollo e divenne il
cibo di mero appannaggio delle classi povere; trovò il suo declino verso il Cinquecento,
con l’arrivo del più versatile fagiolo, venuto dall’America.
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